Avevo detto che non ne avrei più scritti. E per un bel po’ di anni è andata così: mi sono messo a correggere le bozze altrui o, al massimo, a tradurre alcuni volumi dall’inglese (cosa che peraltro mi piace molto). Poi è arrivata la proposta… e per Johnny Thunders ho ceduto. Come avrei potuto resistere? Ci ho impiegato più o meno tre anni, con lunghe pause legate a stanchezza, scoramento, impegni lavorativi e casini di vita. Ma alla fine eccoci qua con 324 pagine fitte di inchiostro e con un bel po’ di foto.
Al momento sono ritornato sulla mia posizione iniziale (ovvero: “questo è l’ultimo”), ma chissà. Alla fine un po’ mi conosco e di fronte alla chance giusta potrei nuovamente ributtarmici. Ma è inutile parlare del futuro.
Tutte le info sul libro le trovate qui, nella pagina Tsunami dedicata.
Intanto vi regalo l’introduzione, chissà che non vi venga voglia di leggere anche il resto del libro…
INTRODUZIONE. QUAL È LA VOSTRA STORIA?
«Perché un libro su Johnny Thunders?». La risposta più immediata è: «Perché no?». Elaborando un pochino di più, è bizzarro che al mondo esista in pratica un solo volume interamente dedicato a lui, il classico di Nina Antonia Johnny Thunders – In Cold Blood, la cui prima edizione risale addirittura al 1987. Se ne trova anche uno a cura di John Wombat, del 2019 (The New York Dolls, The Heartbreakers, The Oddballs & More: A Book about Johnny Thunders), ma si tratta di un libro addirittura pubblicato in maniera indipendente, senza un editore alle spalle.
Per cui, di fronte a un campo così libero, si è materializzata l’idea di offrire un nuovo tentativo di raccontare Thunders, magari provando a integrare (o correggere, in alcuni sparuti frangenti) quanto si legge negli altri due volumi, che comunque rimangono testi assolutamente fondamentali sull’argomento.
Si è cercato così di costruire un ritratto in cui (come nella sua vita) musica, sensibilità, aggressività di strada, successi, cadute rovinose – e sì, c’è anche la droga, a chili – s’intrecciano a formare una trama fitta, densa di colori cangianti, ma con una base scura.
Al racconto e alla critica/descrizione della musica si è preferito sostituire un approccio più aneddotico e storico, anche perché è un dato di fatto che, dalle New York Dolls ai lavori solisti, i dischi e i brani di Thunders parlano direttamente alle nostre anime, senza bisogno di qualcuno che faccia da intermediario a spiegare qualcosa. È roba che arriva, ti prende a sberle o ti accarezza, e te ne accorgi senza bisogno dei sottotitoli.
Per chiudere questa breve presentazione, mi affido alle parole – di qualche tempo fa – di Luigi Scorcia, che di Johnny fu compare in diverse occasioni. Meglio di così non si poteva dire:
«Johnny Thunders era una persona molto complessa e io gli sono stato vicino solo per un periodo di tre anni in cui siamo andati in tour, abbiamo suonato assieme e ci frequentavamo (sono anche stato in prigione con lui per tre giorni). Quindi lo conosco? Cazzo, no! Come ho già detto in passato, nessuno lo conosce davvero! Ma ci sono persone che conoscono alcuni suoi aspetti… la sua infanzia, la sua famiglia, il Johnny delle scuole superiori prima dei New York Dolls, il Johnny dopo gli Heartbreakers e così via. E tante di queste persone stanno per morire o sono già morte. Mi capita di continuo di incontrare gente che inizia a parlarmi di Johnny… io li lascio fare, cerco di essere gentile e poi domando: “Hai mai incontrato Johnny?”. Il 90% mi risponde di no! Per alcuni, Johnny è un mito, una leggenda. Le persone vivono attraverso le sue gesta… e a me non va di distruggere i loro sogni: è il loro trip.
Una volta, mi trovavo a Londra per il documentario Sad Vacation di Danny Garcia e ho conosciuto una donna molto graziosa, durante un break per una sigaretta. Le ho detto: “Se passi a New York, fatti viva”. Sei mesi dopo mi ha telefonato dicendomi che era lì ed era la sua prima volta a New York. Io le ho domandato cosa le andasse di fare e lei: “Voglio andare a visitare le tombe di Johnny e Jerry al cimitero”. Ha speso novanta dollari di taxi per arrivare fin là, per terra c’era mezzo metro di neve. Abbiamo trovato la tomba di Johnny e lei si è messa a piangere. Io non sapevo bene cosa fare, l’ho lasciata tranquilla. Poi, quando ci siamo messi a camminare per raggiungere la lapide di Jerry Nolan, non ho resistito e le ho dovuto chiedere: “Conoscevi Johnny?”. Mi ha detto di sì! E io: “Quando l’hai incontrato?”. Lei mi ha risposto così: “Non ho mai incontrato Johnny di persona, l’ho solo visto suonare con le New York Dolls una volta, tanti anni fa”. “Ma hai detto che lo conoscevi!”. “Sì: attraverso la sua musica”. Ho annuito e, finalmente, in quell’istante ho capito tutto. Ha anche aggiunto: “La sua musica mi ha salvato la vita”. Mi sono detto: “Ora capisco perché le persone lo amano così tanto. Ha toccato le loro vite”.
Volevo bene a Johnny Thunders e a Jerry perché mi hanno insegnato ad affrontare le difficoltà più pesanti della vita e a superarle. Ma questa è solo la mia versione della storia. Qual è la vostra?».
Per il resto, questa è la storia di Johnny Thunders, legata a doppio filo con quella di John Anthony Genzale Jr., così come è stato possibile ricostruirla in base alle fonti disponibili. Che spesso riportano e forniscono versioni che si contraddicono o sono smentite dai dati oggettivi. Quindi, come in tutti i lavori di ambito storiografico (mi si perdoni l’aggettivo altisonante, non voglio certo offendere gli storici paragonandomi a loro), c’è un certo spazio per la deduzione e la ricerca di concatenazioni di eventi seguendo la logica, laddove vengono a mancare informazioni puntuali e comprovate. Droga, alcol e divertissement vari dell’epoca hanno reso tutto ancora più deliziosamente confuso.
Non vedo l'ora di leggerlo